L'arte nel cinema           

                   il cinema come arte  

 

"Elegia di un viaggio" o "della traversata" (Elegiya dorogi)  di  Aleksandr Sokurov

 

 

All’inizio c’era un albero…

un albero autunnale;

aveva perso le foglie ma portava dei frutti lasciati per gli uccelli d’inverno.

Nevicava.

Apparvero strane nuvole, come fosse estate, non autunno.

Il cielo era scuro e profondo. Si udiva il tuono.

C’era movimento sopra l’acqua, c’erano uccelli che volavano probabilmente

senz’altra ragione che la sola bellezza

 Poi le nuvole mutarono. Il cielo divenne piatto.

Apparve la luce, per ordine divino.

Profumo di lillà…

Poi, io volavo sopra l’acqua, profonda e pericolosa.

Avevo paura di cadere…

Qualcuno si allontanò da me.

Cominciai a sentirmi meglio… Respirai profondamente.

Poi cominciò il movimento. Capii che era inverno. 

Avevo freddo. Potevo quasi toccare la strada…così piana, piana e trasparente.

Apparvero delle case, un villaggio abbandonato sotto un sole freddo.

Finestre, tetti… ma dov’è la gente? Sembra mezzogiorno, ma dov’è la gente?

Palazzi grigi, come prigioni.

Poi venne la nebbia. Mi ritrovai in una radura.

Per chi, tutta questa bellezza?

Splende eppure non c’è nessuno, per vederla.

Per questo,forse, è ancora più meravigliosa.

Che solitudine ideale…perfetta,fredda.

Chi mi guarda,là, da sotto quell’albero… uno infreddolito, solitario e annoiato.

Dei soldati camminano sul sentiero…dove vanno?

Una fila di case… mi sono concentrato per ricordare

almeno un viso tra quelli di chi, un tempo, viveva qui.

Qui ha vissuto qualcuno, tempo addietro.

Li conoscevo e io stesso ho vissuto accanto a loro…

Qualcuno moriva e noi piangevamo.

Avevamo paura di diventare sempre meno numerosi.

Allora abbiamo cominciato a spostare le case vicino alla strada.

Tutti l’hanno fatto, perché volevano vivere gli uni accanto agli altri.

Nessuno voleva vivere a parte. Solo non ricordo se questo ci ha aiutato.

Poi è apparso un drappo nero…

Poi, non so perché, io camminavo accanto a un monaco. Stavamo zitti.

Non sono mai stato, qui. Non sapevo che cosa mi aspettava.

Poi siamo entrati in chiesa. Uno sguardo ostile. Ha un quaderno tra le mani.

Un monaco pensoso, alla finestra buia.

Alla finestra chiara, battezzano un bambino.

Il giorno e la notte insieme, ma ai lati opposti della chiesa.

Chiedo al mio monaco di trattenersi. Lui accetta e aspetta.

Non so perché, gli chiedo, perché Cristo pregava suo Padre

di non mandarlo alla croce sacrificale.

Perché lui,Cristo,voleva evitare la crocefissione?

Se lui aborriva tanto la crocefissione, posso io accettare il sacrificio di Cristo?

Perché ho parlato di questo? Il mio monaco è silente,Dio solo sa cosa pensa.

Forse a colui o a coloro che ha abbandonato.

Dubito fortemente che conosca la risposta alla mia domanda.

Il battesimo si compie. Atto di volontà… di predeterminazione.

Un fardello fino alla morte. Il viso del padrino. Non so cosa pensa.

Che cosa sa questo bimbo del sacrificio? Non è troppo presto?

A cosa pensa? E lui, a cosa pensa? A cosa pensano tutti loro?

Dio mio, aiutami a capire. E’ necessario essere così duri?

Come vivono nel mondo, se neppure in chiesa i loro cuori si sono riscaldati?

Mi congedo dal monaco. Lui mi invita alla funzione e mi benedice.

Volevo parlargli della Preghiera del Calice. Forse è una questione scottante…

Questa gente…questi monaci…tutti loro,

 hanno abbandonato qualcuno nella vita precedente.

E’ così alto, dunque, il prezzo della preghiera?

E io che ci faccio qui? Chi mi ha mandato?

D’un tratto mi e’ sembrato di aver già visto tutta questa gente da qualche parte.

Certo, che li ho visti… Il viso di un militare. Mi guardava e stava zitto…

No, guardava oltre. Dove sono? Perché sono qui? Poi, ho visto i suoi occhi.

Con quale diritto mi guarda così? Sono apparsi altri visi, altri occhi.

Perché tutti loro mi scrutano così? Con quale diritto? Chi sono?

Poi, io sto alla finestra e vedo una città straniera.

Nevica. Vedo dei fumi sopra la città notturna…e non la riconosco.

Poi la riva ha incominciato ad allontanarsi. Ho visto una distesa d’acqua,e ho cominciato a planare come un uccello notturno.

Volavo sopra i tetti e i lampioni, e facevo tutto il possibile per non guardare attraverso finestre. Come prima, non riconoscevo la città.

Poi la città straniera ha incominciato ad allontanarsi. Non c’era nessuno,era come se non ci vivesse nessuno, e questa fosse solo una scenografia notturna per coloro che dimorano più in alto. Per convincerli che qui, in basso, sulla terra, tutto va molto, molto bene, da parecchio tempo. Bene come può andare solo a una creazione di Dio.

Apparve la luna. Non si capiva a che cosa servisse, non dava luce e neppure calore…Camminavo su un ponte di ferro scivoloso, coperto di neve…

Intorno a me non c’era nessuno. Solo notte e mare, e nessuno a cui chiedere dove andava questa grande nave…né come vi ero capitato.

Le onde erano nere, e non avevano né senso né pietà.

Poi mi sono visto all’estremità del ponte e ho sentito la bontà e l’indulgenza di questa forza della natura. Era potente e generosa con me, poiché non le costava niente togliermi da questo ponte scivoloso e gettarmi per divertimento nelle  onde fredde e cattive…

Sono rimasto assorto, e non ho osato dire nemmeno a me stesso a cosa pensavo. Sentivo le voci del mare e del  vento e una certa musica, forse quella della mia anima. Avevo voglia di piangere ma non c’erano lacrime. Avevo voglia di cadere in questo mare, ma non ne avevo la forza.

“Il mare era grande”, aveva scritto una volta un allievo, e Cekhov, avendolo letto, sorrise…

Perché l’ho ricordato adesso?

Il mare ha cominciato a riscaldarsi e mi è sembrato che sarebbe evaporato davanti ai miei occhi…

Poi è subito apparsa la riva, ma era fredda e c’erano scogli, e alberi.

E chissà, se era il crepuscolo, o l’alba.

Poi c’era la terra, la neve sotto i piedi, la tormenta…

Faceva freddo come prima, ma era troppo bello…

Poi c’era una piazza di una città. Mi sembrò di essere in Germania, non so perché.

Oltre la tormenta di neve scorgevo i tratti gotici delle costruzioni. Forse era il luogo che avevo sognato di visitare, ma quante poche cose riuscirò a vedere.

Come scorre veloce la mia vita, e io…non mi tratterò qui. Che peccato.

Dov’è la gente?  Almeno un viso, uno sguardo umano.

Il movimento è ripreso di nuovo.

Non volevo affatto essere su queste strade.  ma probabilmente un’altra strada non mi era destinata.

Che bisogno avevo io di tutto questo? Se la gente vive così, se non vedono altro e seguono solo queste strade, dove potranno arrivare e che cosa si aspettano dalla vita?

Cercavo di trovare il mio posto in quella corrente, di capire per volontà di chi  correvo attraverso questo spazio verso occidente.  Chi sono io?... E loro?

Dove hanno fretta di arrivare, in questa notte? Durante una tempesta non è meglio aspettare per non rischiare la vita? Forse non amano molto la loro vita. Per la gente il lavoro conta più della vita. Così era quella gente.

Poi, è sembrato albeggiare. Un crocevia. E una fermata. Un caffè sulla strada principale.

Comincio a capire che il mio viaggio ha un senso. Non sono qui per caso. Per qualche motivo quest’uomo mi ha notato. Ha sorriso… ha sorriso. Molto bene.

E’ un uomo gentile. Capisco che aspetta qualcuno. Viene al mio tavolo, si siede di fronte a me. Capisco che ha bisogno di qualcuno. Capisco che ha un grande desiderio di parlare. Deve dirmi qualcosa. E’ buono, lo sento…

Comincia a parlare. Ascolto la sua voce.

Ringrazio Dio per l’umiltà che ho imparato in questa vita. Ma accolgo questa umiltà con orgoglio. Questa umiltà mi fa sentire non peggiore degli altri, ma come gli altri, uguale a tutti gli esseri umani. Ma non uguale a tutto ciò che Dio ha creato. Vedo ogni essere umano come un uguale. C’è stato un periodo, in cui pensavo di sapere tutto, di essere un dio. Per questo mi sono perso. Ero consapevole di cosa siamo capaci, ma dimenticavo che ciò di cui siamo capaci, lo dobbiamo cogliere rispettando gli altri. Gli altri esseri umani.

Mi è capitato una volta di essere arrestato per sbaglio in America. Ho passato una notte in cella, dove mi hanno trattato da inferiore, da nero. E’ tuttora l’impressione più forte della mia vita. Quando sono tornato in Olanda portavo dentro una rabbia che non si può descrivere. La collera che può abitare l’essere umano mi sembra senza limiti. Si, sono caduto in depressione. Ho dormito nove mesi. Non volevo più uscire di casa e non volevo parlare. Alla fine ho ripreso il filo smarrito. Sono di nuovo uscito fuori. Ora posso solo dire di essere diventato più forte. Non saprò mai perché vivo. Ma posso… Io vivo la vita, vivo vivendo.

Voglio dire che io sono molto felice di vivere…

Guardo il suo viso e penso: se sei così felice, perché hai bisogno di me, estraneo, sconosciuto, silenzioso?

Mi guarda negli occhi e continua… Io credo nella bontà umana, credo anche nella crudeltà, nel lato cattivo dell’uomo. Penso che i due sentimenti siano ugualmente forti. Ma esiste sempre una scelta. Hai sempre una scelta tra la gentilezza e l’aggressione. Ma l’aggressione è la via più facile per gli uomini. La gentilezza è… la gentilezza suona un po’ come… un po’ come negli anni sessanta: flower power… La cosa più importante per me è l’amore. Se mi fosse permesso dare un nome a Dio, lo chiamerei amore. E’ quella forza creatrice che sta molto vicina all’odio. Lui tacque. Io capii che aveva detto tutto quello che voleva dire, e che io non gli servivo più. Certamente io non lo vedrò mai più… Peccato…

La forza creatrice vicina all’odio… Troppo umano.

Poi, ho sentito il calore vivo delle pietre. E mi sono trovato in un posto completamente diverso…

La luna… e intorno, vecchie mura… Una vecchia torre, un faro?... O forse è un’isola? Una fortezza su un’isola? Come prima, ero solo, ma qualcuno mi guidava.

Non era più notte e non era l’alba. Poi c’era… un albero in fiore sulla mia strada.

Sono forse in Giappone? I rami sono freddi, mi gelano le mani. No, non sono in Giappone. Poi, si è aperta una porta nel muro e io sono entrato.

C’era una scala in legno. Una casa ricca… I pavimenti scricchiolavano. Chissà perché una cornice era vuota. La luce della luna sui muri… Nel silenzio della casa,

che da sola mi ha aperto le porte, nessuno ad accogliermi.

Studiavo un grande quadro. Una nave è tornata. La separazione è stata forse lunga e la gente finalmente si ritrova. Qualcuno guarda, quanta gioia!...

Non è una vita diversa, la loro gioia, la loro felicità ci sono familiari.

Stanno sicuramente cercando di riconoscere i parenti sulla riva.

Poi, mi ritrovo vicino alla porta. Mi ci fanno passare. Sto camminando su una carta stesa con cura per terra per proteggere il parquet. Poi, una sala…

Stanno probabilmente riattando il palazzo. Chi mi ha portato qui? Perché sono qui? Quadri. Un paesaggio: un fiume, una vela. Il silenzio. Entrare dentro: e non tornare mai più. La vita umana. Perché questa barca è approdata alla riva?

L’acqua del fiume è pulita, odora di erba… E’ sera o mattina? Mattina.

E là, che cos’è? Nutrici… Eterne schiave dell’uomo.

E qui che cos’è? Muri freddi. Vorrei andare più svelto ma qualcosa mi trattiene.

Come se potessi perdere qualcosa di importante. Ho attraversato uno spazio immenso, e in un attimo mi trovo qui, ma intorno c’è vuoto… e buio.

In questa cornice non c’è nessun quadro. Una corrente d’aria. Una finestra alta.

Una musica. Mi sembra di aver sentito qualcuno passare… Non c’è nessuno ? No…

Poi, eccomi vicino ad un mulino. Finalmente vedo gente. Eccoli seduti nella barca.

Un giorno si sono seduti e sono rimasti per sempre nei luoghi natii.

Questa sera è il loro giorno eterno… Il mulino dev’essere su un’isola… Che pace…

Poi, mi sono ritrovato in una specie di labirinto. Non capisco chi giochi così liberamente con me. E questo cos’è? Una strada di città. Ma è inverno…

Sembrano tutti assiderati. Evidentemente, il passato era freddo. E la vita era così bella a causa della crudeltà dei venti e del freddo dei cieli… Probabilmente, Dio era particolarmente attento, allora, alla vita degli uomini e li metteva severamente alla prova. Forse anche adesso è impegnato a creare un altro mondo, migliore. La nostra vita, invece, è lasciata a sé stessa.

Poi… dei rumori intorno a me. Che cosa c’è qui sotto i miei piedi?

Questa è la “Torre di Babele”. Breughel, Breughel, Breughel.

Che cos’è? Una visione del mondo o la vita stessa? La libertà, o il desiderio di una gabbia? Chi sono i costruttori di questa torre? Cristiani o pagani? Che differenza fa? Cristiani o pagani? La torre di Babele e le navi a vela… è saggio metterle insieme. Poi ho capito che questa era la mia ultima occasione di incontrarmi con la “Torre di Babele”, e le ho detto addio.

Allora mi sono diretto con difficoltà dove vedevo una luce.

Ho visto un viale soleggiato. Un quadro lieve, gentile……Van Gogh.

Ho sentito dei passi leggeri ma, come prima, ero sicuro di essere solo, e che tutto questo era soltanto per me. Se no, perché farmi arrivare qui attraverso il tempo e il mare? Attraverso il vento, per strade terribili… oltre i villaggi abbandonati e le foreste assiderate. Qui, sicuramente, fino a poco fa, erano appesi dei quadri.

E questo, cosa ci fa qui? Poi è tornata la luna. Mi ha costretto a voltarmi.

Una piazza di una antica città… la quiete dell’estate… una vita eterna… Non sono stato io a dipingere, un tempo, questo quadro? Non sono io ad aver visto tutto questo davanti a me? Ogni albero, ogni ombra… Ricordo bene questo cielo. Lo ricordo bene, perché ho aspettato a lungo che la nuvola cominciasse ad allontanarsi perchè potessi vedere il suo lato nascosto, e leggere che cosa stava scritto dietro. Se c’è la fede, il cielo è vivo…

E’ tutto morto, sotto?  Quassù tutto è vivo, e tutto è facile. Una vita eterna…

 Anno 1675 Pieter Saenredam. Si, è opera sua. Io dovevo essere accanto… qui, alla sua destra. Questo l’ha aggiunto più tardi, in quel momento la carrozzina non c’era. E loro… loro usavano venir qui spesso, a chiacchierare. Ricordo gli alberi, ma mi sembra che ce n’erano di più, non ricordo i bambini… no, i bambini non c’erano. E questa finestra non era mai stata aperta. Pieter l’ha inventata. Nessuno sapeva che abitasse qui. E non ho mai visto neppure questo signore con la spada.

 La piazza  S. Maria. Questa è la piazza di S. Maria.

Il colore si è asciugato e tutto si è fermato. Tutto è fermo, finchè non torneremo in questa città.

Tutto rimarrà così, immobile… dovremmo forse tornare?.. Ma come?... L’orologio si è fermato. Ricarichiamolo, allora… riavviamolo… la torre…

Le ombre sono immobili.  Il sole se n’è già andato. Non torna…

Ma la tela è ancora calda…

 


 

Elegia  di  un viaggio  di Aleksandr  Sokurov

Come non scegliere, volendo fare un accostamento fra arte e cinema, il  piccolo capolavoro di Sokurov "Elegia di un viaggio" o "della traversata" (Elegiya dorogi)? Un film che è arte e parla di arte e, attraverso la parola dell'io narrante, è anche o soprattutto poesia.  

Il viaggio è un un viaggio onirico visto dagli occhi del protagonista, di cui si sente la voce che commenta e esprime considerazioni sulla Natura e su alcune opere d'arte situate in un Museo. Il montaggio non può non far pensare al "montaggio poetico" di Tarkovski. E' un viaggio nel tempo e nello spazio che, dopo aver attraversato tempeste di neve,  paesaggi innevati, foreste silenziose, un piccolo paesino della Russia dove ha luogo un battesimo, acque scure e minacciose, un bar dove il protagonista incontra un uomo che gli racconta una sua esperienza di vita, nebbie, buio, case vuote, strade deserte ma illuminate dalla luce accecante dei fari delle automobili. ci porta da Leningrado a Rotterdam , in  un magnifico Museo deserto ( il Museo  Boijmans   van  Beuningen di  Rotterdam) dove si vedono diversi quadri di pittori olandesi e fiamminghi tra cui Hercules Seghers, Andreas Schelfhout, Vincent Van Gogh, Adam Willaerts, Pieter Jansz, Pieter  Brueghel Il Vecchio (La torre di Babele), Charles Leickert, Saerendam.  Il protagonista di cui si conosce solo la voce, di notte, dinanzi al quadro St. Mary's Square  e St. Mary Church in Utrecht di Pieter Jansz Saenredam, oltre ad avere la sensazione di essere stato presente quando il dipinto venne realizzato, nel diciassettesimo secolo, capisce di essere arrivato a destinazione. 

Il poeta e regista Sokurov fa riflessioni sull'arte, continuando a parlare in prima persona, cita Dante, Conrad, Cechov. La colonna sonora del film comprende brani composti da Michail Glinka, Gustav Mahler, Pëtr Il'ič Čajkovskij e Sergei Slonimsky.

 

"Entrare in un quadro e non ritornare mai più" Da Elegia della Traversata di Aleksndr Sokurov

 

Prima di analizzare il film desidero fare una breve introduzione sulla vita e sulle opere del grande regista russo invitando coloro che non lo conoscono a vedere i suoi film lasciando che la poesia del linguaggio del regista e del suo pensiero giunga alle radici del proprio cuore.

 

Aleksandr Sokurov, nato a Podorvicha, il 14 giugno 1951, trascorre l'infanzia in Polonia e Turchia al seguito del padre militare. Nel 1974 si laurea  in Storia e Filosofia all'Università di Gor'kij  ma, mentre frequenta l'Università, inizia a lavorare come documentarista per una televisione locale.
Nel 1975 (si diploma e nel 1979) si iscrive a un corso di regia presso la Scuola Nazionale di Cinema  VGIK di Mosca, dove incontra Andrej Tarkovskij
  che lo introduce ai Lenfilm Studios. Dal 1979 realizza alcuni cortometraggi e ventitré documentari che, ritenuti antisovietici, per lungo tempo non vengono proiettati in patria.

Nel 1979 realizza un'intervista ad Aleksandr Solzenicin"Odinokij golos cheloveka" (La voce umana solitaria) che verrà distribuita soltanto dopo otto anni.  Tarkovskij lo difenderà sempre nelle sue scelte stilistiche soggette, spesso, a controversie e la letteratura europea costituirà un importante mezzo per la realizzazione di alcune sue opere.

Girerà alcuni adattamenti da G.B. Shaw (Dni zatmeniya, I giorni dell'eclisse, 1988) e da G. Flaubert (Spasi i sokharani, Salvo e protetto, 1989), a cui seguiranno  Kamen' (La pietra, 1992), gli esperimenti di «poesia visiva» di Elegia dalla Russia (1993), Madre e figlio (1997) e Moloch (1999), riflessione su Hitler e la follia del potere.

Nel 2000 presenta alla Mostra di Venezia Dolce, l'anno successivo Elegia di un viaggio. Nel 2002 è a Cannes con Arca russa, notevole esempio della padronanza tecnica dell'autore: girato al Museo dell'Hermitage, è un unico piano sequenza di 96 minuti, con l'utilizzo contemporaneo di 33 set e circa mille tra attori e comparse.

Alcuni suoi film sono stati premiati da vari Festival tra cui Berlino, Cannes, Mosca, Toronto e Locarno e  a Venezia con il Faust nel 2011. 

I suoi film sono:

Faust 2011, Reading Book of Blockade 2009, Alexandra 2006, Il sole 2005, Padre e figlio 2003, Taurus 2001, Moloch 1999, Madre e figlio 1997, Elegia orientale 1996, Dukhovnye Golosa 1995, Elegia dalla Russia (Studi per un sogno) 1992, Il secondo cerchio 1990, Sonata per viola. Dmitrij Shostakovich  1989, Elegia moscovita 1987, Elegia 1985

continua.....