Fuori piove da giorni/mio padre dorme sul divano/la strada è più lucida della mia spada
Tengo dei corsi di Psicologia del disegno e del colore e di Arteterapia all'Università Popolare Biellese. All'inizio i partecipanti, sebbene la scelta del corso sottintenda la consapevolezza del disegnare indipendentemente dalle capacità, spesso si mostrano sorpresi e si dichiarano incapaci nel disegno. Spiego che non si sono iscritti ad un corso sul disegno in cui dovrebbero imparare delle tecniche e a cui, di solito, ci si iscrive perchè dotati di minime abilità o almeno interessati ad apprenderle, ma che si tratta di un corso, di uno spazio temporale in cui si disegna e si colora come lo si sa fare.
A quel punto sorgono spesso considerazioni del tipo" Non so cosa disegnare". Di solito do delle consegne partendo, all'inizio , dai più conosciuti test proiettivi quali il test dell'albero, della casa, della figura umana fino a inventare tematiche che, a mio parere, permettono un buon sgranchimento dell'inconscio e la possibilità di manifestare le proprie sensazioni profonde e il proprio vissuto.
Mi sono molto spesso avvalsa di quelle bellissime, intense e brevi poesie giapponesi chiamate haiku e, devo dire, hanno sempre riscontrato un grande interesse e i disegni che sono stati eseguiti hanno permesso interpretazioni molto interessanti ed utili, credo, per i corsisti.
Che cosa sono gli Haiku?
L'haiku è un componimento di tre versi di 5 - 7 - 5 sillabe, che costituiscono i metri classici nella storia della poesia giapponese. Ogni haiku contiene un KIGO, ossia una parola - fiore, frutto, festività o altro - che evoca la stagione, il tempo, il clima che lo incornicia.
Es.
urei tsutsu
Melanconico
oka ni noboreba
salgo la collina
hanaibara
biancospino in fiore
L'haiku evidenzia l'inadeguatezza del linguaggio nell'espressione della verità e, per questo motivo, lo usa in maniera da provocare sensazioni e pensieri nel lettore senza comunicare sentimenti, giudizi. L'haiku è simile ad una visione descritta con un uso oculatissimo delle parole e, di conseguenza, un largo spazio per l'immaginazione. Negli Haiku troviamo molti colori, molti spazi, lo spazio vuoto libero per l'immaginazione. Le parti vuote prevalgono sulle immagini. Prevale anche la sinestesia che permette di creare una corrispondenza fra i sensi in modo tale che la percezione di un organo sensoriale si ripercuota, attraverso l'anima, sugli altri sensi.
Vediamo un esempio:
Nel vecchio stagno/una rana si tuffa /Il rumore dell'acqua.
Questo componimento può trarre in inganno per la sua semplicità, ma, in realtà, determina una svolta importantissima nella scrittura dello haiku, che da questo momento in poi non sarà più lo stesso. Per una tale composizione, l’artista deve mettere da parte le proprie capacità di interpretazione. La mente del poeta e ciò che lo circonda divengono un’unica cosa.
Il soggetto scompare, lasciando il posto a ciò che sta accadendo. L’immagine è solo presentata. Il poeta l’ha solo registrata così come l’ha percepita istantaneamente, trasmettendo direttamente tale percezione alla propria comprensione, senza l’intermediazione dell’interpretazione. Nello haiku di Basho gli eventi sono tre: lo stagno, che è lì, il tuffo della rana ed il rumore dell’acqua. Non esiste un evento principale. Sono infatti eventi concatenati che fissano l’immagine nella sua completezza e che non potrebbero sussistere l’uno senza l’altro, quindi agiscono tutti allo stesso modo. Siamo quindi in presenza sia di "vuoto" soggettivo che di "vuoto" oggettivo.
Altri esempi:
Dimensione dell'olfatto, dimensione della visione
Per la città /odore di cose!/luna d'estate.
Il primo verso si richiama necessariamente alla stagione
Che caldo! Che caldo!/voci e sbuffi /sugli usci.
le cortigiana e il poeta, persone ai margini del mondo, vengono avvicinate alle immagini delle lespedeze i fiori più fragili che si possono immaginare in autunno
Sotto uno stesso tetto/dorme anche una cortigiana/lespedeze e la luna
Matsuo BashO
Basho (1644 - 1694) è considerato il maestro degli HAIKU. Lo pseudonimo Basho, che significa banano, deriva dal nome della pianta che troneggiava nel mezzo del giardino del poeta. Basho, in seguito all'incendio della città di Edo (attuale Tokyo) in cui andò distrutta anche la sua casa, cominciò un periodo di peregrinazioni che costituirono materia per i suoi componimenti. Basho fu un mistico, umile e povero, viaggiava portando un largo cappello fatto di stecche di bambù e paglia intrecciata, abiti di carta dura e sandali di paglia di riso. Appesa al collo teneva una bisaccia contenente rotoli di carta, pennelli e la pietra rettangolare dell'inchiostro di china, un bastone, il rosario buddhista, un gong ed un piccolo flauto.
Gli stati d'animo che affiorano negli Haiku sono "sabi", "wabi", "aware", "yugen". Wabi e sabi sono due caratteri della lingua giapponese ed esprimono concetti indefinibili con la parola che riassumono il significato di bellezza triste. Sabi rappresenta il momento in cui lo stato d'animo è tranquillo e solitario. Wabi è il momento in cui il poeta è depresso o malinconico e, quando l'intensità della tristezza diventa maggiore e nostalgica, come la stagione autunnale, si parla di aware. Quando si ha un'improvvisa percezione di qualcosa di misterioso e strano, si parla di Yugen.Queste parole indicano i quattro stadi fondamentali del furyu.
Basho morì a Osaka nel settembre 1694.
Lo haiku ( HAI: viandante - KU: poesia) è un componimento poetico che origina dalla preesistente struttura del waka o tanka, la più antica forma di poesia giapponese. Essendo la lingua giapponese sillabica e priva di accentuazioni, ha profonde difficoltà nell'adattarsi alla forma poetica. I poeti scrittori di Haiku hanno sostituito la metrica e le rime con un sistema di sillabe fisse ed un uso delle ripetizioni vocaliche all'interno dello stesso verso per ottenere un effetto musicale.
L'originaria forma poetica, il waka, era strutturata su una serie di cinque versi composti rispettivamente da 5-7-5-7-7 sillabe e rappresentava un tipo di poesia espressione della classe aristocratica del tempo. In epoca successiva, con il progressivo indebolirsi dell'aristocrazia, cominciò ad affermarsi il renga che riprendeva nella sua forma la stessa struttura del waka, ma sul quale pesava tutto un complesso di norme stilistiche e di regole formali che arrivava fino a sanzionare in quale verso, ad esempio, dovesse essere menzionata una determinata stagione, in quale altro la luna oppure i fiori di ciliegio. Questi ostacoli impedivano la libera espressione dei poeti e divenne una forma di gioco di società diffuso in tutte le classi sociali del Paese. Il renga veniva composto da più autori e di solito colui il quale era considerato il più saggio ed esperto tra i partecipanti componeva i primi tre versi (hokku) e scriveva il soggetto portante della composizione ai quali il secondo legava i due versi rimanenti e così via fino anche a cento strofe. Il risultato finale difficilmente poteva dare l'idea di un componimento omogeneo, in quanto ogni singola parte, se separata dall'insieme, appariva dotata di una propria vita autonoma. Dallo hokku che già era una composizione finita ebbe origine lo haiku, come moto di reazione alle norme stilistiche che gravavano sul renga ed anche come forma d'espressione della nuova classe mercantile in ascesa.
Nelle poesie create dai haijin (maestri di haiku) vengono utilizzati solo i primi tre versi del renga (5-7-5 sillabe) e, in esse, riflette pienamente lo spirito, la mentalità e la cultura del popolo nipponico. Per i haijin, grandi viaggiatori e spesso anche maestri di Buddismo Zen, della cui filosofia sono impregnati molti componimenti, ogni minimo aspetto della realtà è degno di considerazione e di attenzione poichè ogni forma è penetrata dall'energia vitale ed ogni sfaccettatura del reale nasconde l'essenza dello yugen ( il mistero ) che congiunge ciò che è misterioso, nascosto, con la realtà concreta, senza rifiutare nessuno dei due aspetti.
E l'essenza del mistero non può essere compresa razionalmente, occorre immedesimarsi nella situazione descritta dal poeta, calarsi completamente nella sua realtà, per divenire capaci di cogliere le vibrazioni. Da qui la spontaneità e l'immediatezza, caratteristiche principali dello haiku. Se l'uomo vuole confrontarsi con il mistero tramite le parole allora la stessa dovrà lasciare da parte ogni enfasi descrittiva e ricercatezza estetica o ridondanza di stile, per giungere alla vera bellezza attraverso la strada maestra della semplicità. Spontaneità ed immediatezza garantiscono la fulminante espressività dello haiku che coglie nel segno solo se riesce a catturare l'attimo fuggente della scena vissuta ed a riverberare i colori e le immagini nella mente del lettore.
BASHO E L'ESTETICA METAFISICA DELL'HAIKU
da "L'estetica del vuoto" ed. Marsilio di Giangiorgio Pasqualotto.
' '... Per avvicinarci a comprendere la presenza e l’efficacia del vuoto nello haiku può essere d’aiuto ricorrere a due espressioni giapponesi "fuga no makoto" e "zoka no makoto" che Izutsu ha tradotto rispettivamente "genuiness of aesthetic creativity" e "genuiness of cosmic creativity", ma che, meno enfaticamente, potrebbero essere rese con "genuinità del gusto" e "genuinità della natura delle cose". Nello haiku di Basho si verifica l’incontro di queste due genuinità, quella soggettiva del poeta e quella oggettiva dell’evento. Ciò significa che il soggetto, per poter cogliere ed accogliere la genuinità dell’evento si rende vuoto di ogni intenzionalità sia intellettuale che sentimentale, al punto di rendersi equivalente all’evento. Allora non si può parlare più di due vuoti (quello del poeta e quello dell’evento), ma di un unico vuoto che si determina come poesia e come evento. ...' '
Il cammino verso il vuoto è il cammino più difficile da compiere per l'uomo. E' il cammino verso il silenzio e l'ascolto. La Natura può venire in soccorso dell'uomo attraverso un suo linguaggio: un profumo, la bellezza ecc..
Basho, come abbiamo detto, studiò e praticò il Buddismo Zen, quindi la sua concezione della natura era quella di una natura vivente secondo il concetto buddista. Il Buddismo Zen insiste sull’importanza dell’esperienza immediata, tramite la pratica della meditazione, e seguendo la tradizione buddista, anch’esso propone un "vuoto radicale", cioè l’eliminazione della sostanzialità e permanenza dell’Io, degli oggetti, dei pensieri, fino a giungere all’eliminazione di tale sostanzialità e permanenza al pensiero del vuoto stesso. Non si tratta di riflessioni o osservazioni, bensì di "testimonianze di esperienze del vuoto". Il risultato della pratica meditativa in questo caso è la purificazione della coscienza.
' '... Paragonando la coscienza o la mente ad uno specchio si potrebbe dire che il vuoto della mente (wu-shin), non corrisponde ad uno specchio rotto o inesistente, ma equivale ad uno specchio perfettamente pulito, senza segni o polveri che intralcino il rispecchiamento delle immagini. Tuttavia l’idea stessa di purificazione non può, per il Buddismo Zen, costituire il contenuto della mente, né la forma di oggetto di desiderio, né la forma di dovere da compiere: è necessario infatti "fare il vuoto anche del vuoto", ossia purificarsi anche dell’idea di purificazione". (Giangiorgio Pasqualotto – L’estetica del vuoto).
Questa frase, ben esemplifica il concetto di vuoto, nozione indispensabile per comprendere la poetica di Basho.
Senza che sia finita/la seconda mondatura/puntano le spighe
Dalle macchie di erbe/ timore che spunti una rana/nella penombra della sera
Banani stracciati dal vento/sul bacile ascolto/la pioggia nella notte
I fiori d'altea/sul ciglio del sentiero/brucati dal mio cavallo
Imbrunire sul mare/lamenti di germani/vagamente bianchi
Lamento bianco: i germani danno il senso del bianco
Viaggiatore/ sarò chiamato/prime piogge d'inverno
Fiori di glicine/ lunghi e pendenti/annunciano la pioggia
Villaggio natale/ al cordone ombelicale piango/tramonto d'anno
Sera:/tra i fiori si spengono/rintocchi di campana.
Fuori piove da giorni/mio padre dorme sul divano/la strada è più lucida della mia spada
Alle piogge di maggio/croscianti resiste/padiglione di luce
Primavera /che nessuno vede/ fiori di susino dietro lo specchio
Mare tempestoso/su Sado sospeso, di stelle/il fiume celeste (Via lattea)
La superficie/della foglia di kudzu/mostra la brina stamane
Convolvoli di giorno/ chiudono la serratura/siepe sul cancello
Anche la primavera/ ricompone le sue sembianze/luna e susini
Fiori di Kerria/ quanto profumano/ i forni di Uji
Questo sentiero /nessuno percorre/tramonto d'autunno
Le quattro mura/dell'attesa/ ampliano l'isolamento
Sabbia ardente, /nel deserto segreto/di un poeta
Questa assenza, /dolorosi sussurri/si rinnovan0.
Sera d'autunno: /polverosi pensieri/seguono l'eco
Nel vecchio stagno/una rana si tuffa/Il rumore dell'acqua.
Stanchezza:/entrando in una locanda,/i glicini.
Passero amico,/risparmialo, il tafano/ che gioca tra i fiori.
Erba estiva:/per molti guerrieri/la fine di un sogno.
Silenzio:/graffia la pietra / la voce delle cicale.
Separazione/ le spighe dell'orzo/ tormentate fra le dita.
Un banano nel temporale;/ il gocciolio dell'acqua nel catino/ scandisce la mia notte
Sono arrivato fino a qui / senza morire / e finisce l’autunno.
Chiare cascate:/ tra le onde si infilano verdi/ gli aghi dei pini
La quercia / sembra non curarsi /dei ciliegi in fiore.
Vecchio stagno /tonfo di rana /suono d'acqua
Stagione delle piogge: / i miei capelli di nuovo / intorno al pallido viso.
Su un ramo secco, /si posa un corvo, /crepuscolo autunnale.
Non ti vidi più /trovai lacrime /di cose non dette
Temo il sogno/ che porta gli spettri/di una speranza
Abbandonato dal calore/ sarò un volto/ per pochi
Gesti vuoti/ si/ripetono,/ la vita ride di me
Fragili/ sono i sogni: maledetta/corporalità
Un altro anno/ si consuma, /un altro sogno sepolto
Raggiunta ora/tu svanisci,/rugiada di un mattino
Dispiegano le ali,/voli d'uccelli: /quanta invidia
Fiore bianco di susino/ è tenue /il tuo profumo
Intensa splende/nel cielo estivo/la stella morente
Con l'alba,torna /la delusa stanchezza/ del cormorano
Sopra tremanti membra/ aleggia l'ombra/d'un Dio vile
Cicli /di vite passate,/ un attimo di felicità
Suadenti voci femminili/, belle/ le loro menzogne
I nuovi pianti /colmeranno lo spazio/da te lasciato
Bassi rintocchi, /sei anche tu sconfitta, /dalla ruggine
Ti ho amata: /nel mio dolore/ la tua vanità
Anelli stretti /di desiderio,/tristi doni di Kama
Gelido marmo, /quest'ultimo sigillo/della povertà
Ogni giorno/ si apre tra le ferite/di un addio
D'inguaribili pene/ mi struggo,/ nutro l'eterna gleba
Onde increspate/ e ritmo / del profumo del vento.
Mani pregano, /figure misere/di vite urlate
In me,/ l'intera notte senza luna/ del mago sconfitto
Nel cuore,/ neri mantelli tessuti /da pianti silenti
Non mi servono Urabi,/ non bastano/ gambe dischiuse
Recito, sotto/le pesanti maschere/di privazione
Il destino/ è in cammino ed io/fermo attendo
Si dileguano ricordi,/ sono solo/come nessuno
Notti insonni, /imprigiono la luce/in pochi versi
Elevami/ dal ritmo cupo/ d'umane solitudini
Mi stringevano il volto,/ mani forti/di sofferenza
Pioggia notturna, /antichi menestrelli/suonano per me
Frutti maturi nel cesto:/sono pronto/posso partire
Muovo/ sui lembi del barlume/ e scorgo tratti opachi
Mi allontano, /simile ai Silfinon/visto scruterò
Stretto nel pugno/ il flauto, melodia/che non si ode
Lontane/sono le barche,/solo sulla fredda isola
Stretto in gola/ un nome,/ luccicano gocce amare.
Rivolte verso nord/ le spalle,/aspetto la primavera
Vago per luoghi, /ed ovunque estraneo, / eternamente
Strana la vita, /un aquilone gioca/con la tempesta.
Un'immagine/ ritorna nelle notti/senza riposo.
Schiavi/ di troppi protocolli,/ l'abisso, l'uniformità.
Giace/ tra bende madide di paura /l'uomo più alto
Sfioro riflessi/di calde sensazioni/ con occhi mendici.
Naufrago:/ meste nubi/ disegnano il tuo profilo.
Parole sagge: /di silenzio/ veste la Dea verità
Giocoso volo: /mosche annunciano/ la morte del bruco.
Non ho dimora, /corpi sottili,/parti d'astri errano
Corpi stremati/ dai sensi fragranti /di danze astrali
Dita fragili/su palpebre serrate, /mille petali
Vinco limiti, passioni,/ un altro me: /campi aurali
Passi timidi, /ossessivi lamenti/ abiti neri.
Onda azzurra:/ non temere gli scogli/ tu sei il mare.
Lascio cadere/ la veste materiale, / sposo il nulla.
Esistevo già/ nella quiete del Apas, /prima del tempo.
Spingermi oltre/ questa settima realtà. /Notti cosmiche.
Indicami la via,/vecchio custode/ del labirinto.
Il cammino è lungo:/ risvegliatemi/ nel prato verde
Una parola vibrante,/ si dilata/la divinità.
Ti cerco/ sugli altari del mistero, /dissolvendomi
Incurante/ del gelo notturno,/ fermo sta l'iniziato.
Solo frammenti/ di un soffio,/vittima del divenire.
Emergi dalla notte,/ agita/ questo mare immoto.
Sospeso/alla fune d'argento,/ vedo ogni miseria.
Unghie e sangue/per giungere/ sull'alto eremitaggio.
Sguardi:/ frammenti d'anima/ trafiggono intimamente
Una porta /si apre stridendo/ canto della civetta.
Le legioni di zolfo,/ tra noi,/arcane invocazioni
Voglio cadere/e giacere avvolto/dall'assoluto
Per sette morti ed oltre,/ ti amerò, /inesistente
Siamo soltanto/ sterpi immemori/ del mito di Reivas
Verso chi muovo/ nel litoide distacco/dall'esistenza?
La prima età/ sano gaudio/ ora è metamorfosi.
Il vento nero/ si abbatte su foglie/senza domani
Squarci d'ansimi/densi d'ardore,/su di te saldo, vivo
Vinto dal lieve languire,/mi perdo/ tra foschi presagi
E dal torpore/d'iridi salate/ mi desto più forte.
T''offro/ pianeti scarlatti/ traboccanti di illusioni.
Dita veloci/ disegnano ombre/ su muri di carta
Labbra umide, /gioia imprigionata/ dalle parole
Come un bimbo/ inseguo le lucciole, /pur temendole
Strati di fumo, /bicchieri rovesciati, /ho nausea di me
Posa la scure, /dal vecchio tronco sgorga/ambra giovane
La frenetica movenza/ ci unisce, /poi il disgusto
Una visione/ mi trattiene,/su di me soli di giada
Esco da te,/i flutti dei sospiri/ si aggrovigliano
Devo fuggire/ dal cibo che nutre/ il vulnerabile
Il Re del mondo/ creò l'inganno,/ mai più suo suddito
Fugaci sbuffi: /venti caduti/nelle mani d'Atropo
Taci, lascia che /muto sul tuo grembo/posi il capo.
Non so credere, /tra pilastri velati/cerco rifugio
Spoglia,/ serica pelle nel rifulgere/rivela l'alma
La mia sorte: /vasti orizzonti/ di vette impervie
Alzo deliri/d'orride conclusioni,/ pensando muoio
Ondeggio sulla/febbre dell'assurdo, di/spazio soffoco
Folle,/inseguo le sagome/ del vasto invisibile
Yosa Buson
Yosa Buson è un altro scrittore di haiku che, però, si dedicò anche alla pittura. Alla fine del 1750 Buson, originario di Kema, trasferitosi a Edo intorno ai vent'anni, si trasferisce a Kyoto, dove inizia a frequentare i circoli dei bunjin, emergendo sia come pittore che come autore di haikai. I bunjin erano letterati estremamente colti, che prendevano ad esempio la cultura cinese, ma con produzioni anche giapponesi. Essi si riunivano in circoli molto ristretti dedicandosi alla pittura, alla poesia ed alla letteratura senza appartenere ad alcuna scuola. Gli ideali dei bunjin erano edonismo e raffinatezza: la vita vissuta attraverso una raffinata esperienza all’insegna dell’estetismo.
Buson riflette i tratti della propria pittura, estremamente intrisa di lirismo e realismo paesaggistico, nella propria produzione di haikai.
Yosa Buson (1715-1783)
Cadono i fiori di ciliegio
sugli specchi d'acqua della risaia:
stelle, al chiarore di una notte senza luna
Sulla campana del tempio
si è posata una farfalla
che dorme tranquilla.
Il prugno bianco
ritorna secco
Notte di luna
Le stagioni giapponesi
Fino al 1873 , anno in cui venne adottato il calendario solare, in Giappone le stagioni avevano il seguente corso:
Haru Primavera: mesi di febbraio, marzo e aprile
Natsu Estate: mesi di maggio, giugno, luglio
Aki Autunno: mesi di agosto, settembre, ottobre
Fuyu Inverno: mesi di novembre, dicembre, gennaio
Shinnen Capodanno: inizio di febbraio, associato all'inizio della Primavera